24 Agosto 2014 - La radice di ogni male, anche quello estremo della guerra, si combatte scegliendo di far crescere il bene nella quotidianità: solo una solida civiltà della vita può attenuare i devastanti effetti di una cultura di morte, del nulla e di violenza di cui siamo un po’ tutti figli e contagiati.
La storia dice che quando gli uomini arrivano ad usare le armi, la forza bruta, la crudeltà e la tortura per far valere il loro potere e le loro idee la possibilità di un dialogo è già irrimediabilmente compromessa. Solo dopo aver ucciso e distrutto quanto più possibile, si creano giocoforza le condizioni per deporre le armi e tentare di ricostruire la civile convivenza dei popoli dalle macerie materiali e spirituali rimaste sul campo.
Con più saggezza di prima? Questo è il punto.
Sembra che di secolo in secolo, di conflitti in conflitti, l’umanità non cresca in saggezza e consapevolezza, ma anzi diventi sempre più crudele. Questo è anche l’accorato appello di Papa Francesco, che ci invita a riflettere sul livello di crudeltà delle guerre e sull’uso della tortura che oggi l’umanità ha raggiunto. Una domanda di verità, giustizia e significato che necessariamente riguarda poi ciascuno di noi.
Secondo quanto si legge sul sito di IBTIMES.COM, attualmente 62 Stati sono coinvolti in guerre internazionali o interne, a cui debbono aggiungersi 549 milizie, cartelli della droga, gruppi indipendentisti.
Prendendo come riferimento il numero dei morti dal Gennaio 2014, secondo i dati forniti dall'Uppsala Conflict Data Program, un programma del Peace Research Institute di Oslo il cui scopo è quello di diffondere informazioni rilevanti sui conflitti attivi (distinguendoli a seconda del numero di vittime, della durata del conflitto, della tipologia), i conflitti oggi più violenti nel mondo riguardano:
- Israele-Palestina (ad oggi circa 1650 vittime palestinesi e circa 70 israeliani),
- Pakistan (da Gennaio ad oggi circa 2.500 vittime),
- Nigeria (oltre 5000 vittime),
- Iraq (circa 7500 vittime),
- Siria (circa 30.000 vittime).
Papa Francesco, sull’aereo che lo riportava a Roma lo scorso 18 Agosto dopo la visita apostolica in Korea, ha tenuto una lunga conferenza stampa nel corso della quale ha detto, fra le altre, due cose particolarmente importanti.
La prima, rispondendo alla domanda del giornalista Alan Holdren di EWTN, se il Papa approvasse i bombardamenti americani dei terroristi in Iraq per prevenire il genocidio dei cristiani e delle altre minoranze religiose, il Santo Padre ha detto: “Grazie della domanda così chiara. In questi casi, dove c’è un’aggressione ingiusta, posso soltanto dire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto. Sottolineo il verbo: fermare. Non dico bombardare, fare la guerra, ma fermarlo. I mezzi con i quali si possono fermare, dovranno essere valutati. Fermare l’aggressore ingiusto è lecito. ….Fermare l’aggressore ingiusto è un diritto dell’umanità, ma è anche un diritto dell’aggressore, di essere fermato per non fare del male”. Queste parole hanno trovato amplissima eco nella stampa cartacea e on-line, con posizioni critiche molto diverse fra loro, alcune favorevoli ma altre anche di sconcerto e di forte perplessità poiché di fronte ad un genocidio certo la tempestività nell’azione di contrasto alle violenze è fondamentale per contenere, ed auspicabilmente fermare, il numero delle vittime ingiustamente aggredite.
La seconda, invece, non so se abbia trovato riscontro nei media, ma è altrettanto se non più direttamente impegnativa per le nostre coscienze. Riguarda due interrogativi che stanno molto a cuore al Santo Padre, e riguardano la crudeltà e la tortura oggi sempre più accentuate nelle guerre. Queste le sue parole: “Oggi noi siamo in un mondo in guerra, dappertutto! Qualcuno mi diceva: "Lei sa, Padre, che siamo nella Terza Guerra Mondiale, ma ‘a pezzi’?". Ha capito? E’ un mondo in guerra, dove si compiono queste crudeltà. Vorrei fermarmi su due parole. La prima è crudeltà. Oggi i bambini non contano! Una volta si parlava di una guerra convenzionale; oggi questo non conta. Non dico che le guerre convenzionali siano una cosa buona, no. Ma oggi arriva la bomba e ti ammazza l’innocente con il colpevole, il bambino, con la donna, con la mamma… ammazzano tutti. Ma noi dobbiamo fermarci e pensare un po’ al livello di crudeltà al quale siamo arrivati. Questo ci deve spaventare! Non lo dico per fare paura: si può fare uno studio empirico. Il livello di crudeltà dell’umanità, in questo momento, fa piuttosto spaventare. E l’altra parola sulla quale vorrei dire qualcosa, e che è in rapporto con questa, è la tortura. Oggi la tortura è uno dei mezzi quasi – direi – ordinari dei comportamenti dei servizi di intelligence, dei processi giudiziari… E la tortura è un peccato contro l’umanità, è un delitto contro l’umanità; e ai cattolici io dico: torturare una persona è peccato mortale, è peccato grave! Ma di più: è un peccato contro l’umanità. Crudeltà e tortura. Mi piacerebbe tanto, a me, che voi nei vostri media, faceste delle riflessioni: come vedete queste cose, oggi? Com’è il livello di crudeltà dell’umanità? E cosa pensate della tortura? Credo che farà bene a tutti noi, riflettere su questo”.
Accogliendo l’invito del Papa e quindi riflettendo su queste due parole, “crudeltà” e “tortura” la prima cosa che mi è venuta alla mente, subito dopo le tragedie delle guerre, è stata la parola “aborto”.
Una assurdità? Non so.
L’accostamento è certamente poco “politically correct” ed inquietante, ma il quesito non penso possa liquidarsi con superficialità poiché le implicazioni delle guerre e degli aborti sono tali da esigere analisi e riflessioni davvero complesse e profonde prima di poter fare adeguate valutazioni. Tuttavia, un dato sembrerebbe certo: sia nel caso delle guerre di aggressione, sia in quello degli aborti, si tratta di promuovere scelte di morte e non di vita. Osservando solamente i dati oggettivi, cioè senza entrare nel merito delle intenzioni dei singoli e delle circostanze che portano a fare delle scelte personali moralmente giuste o sbagliate (e quindi senza il minimo intento di voler qui giudicare i diversi attori delle interruzioni volontarie di gravidanza), le conseguenze sia delle guerre sia degli aborti sono delle vittime innocenti. Tante vittime innocenti.
Vogliamo considerare il numero degli aborti nel mondo ogni anno? In un articolo del 3 Maggio 2014 firmato da Stefano Fontana sul sito dell’Osservatorio Cardinal Van Thuan si legge che: “Ogni anno ci sono nel mondo 44 milioni di aborti. Finisce così una gravidanza su cinque. Ma il dato è viziato per difetto: non tiene conto degli aborti clandestini, che la legge non fa diminuire, né degli aborti chimici. In Italia ogni mille nati ci sono più di 200 aborti. Ogni anno viene cancellata un’intera città di oltre 100 mila abitanti….”.
Sempre nello stesso articolo Fontana dice che “L’aborto è sempre più generalizzato; è sempre più demotivato – basta dire di volerlo fare senza portare motivi particolari di disagio -; è sempre più privatizzato – si fa nel bagno di casa per via chimica, a rischio, certo, ma si fa -; è sempre più eugenetico – il 95 per cento dei feti con sindrome di Down viene oggi abortito, salvo poi dedicare la Giornata annuale agli affetti da questa malattia -; è sempre più imposto dagli organismi internazionali, Unione Europea in primis -, è sempre più obbligatorio – aumentano le restrizioni all’obiezione di coscienza-; è sempre più selettivo – e a farne maggiormente le spese, dopo l’invenzione dell’amniocentesi, sono le femmine. Generalizzato, demotivato, privatizzato, eugenetico, imposto, obbligatorio, selettivo”….
Sono dati sconcertanti. Quanto ai metodi clinici e legali per abortire, le tecniche sono diverse, ma spostando l’attenzione dal piano tecnico-legale a quello umano e morale, in rete si possono trovare molte testimonianze (p.e. Gianna Jessen o Gloria Polo) e articoli che descrivono cosa accade davvero al feto che subisce l’aborto (anche se si tratta di informazioni poco divulgate e poco discusse pubblicamente a livello Istituzionale, forse per rimuovere l’angoscia che si prova nel prendere coscienza di una realtà tanto violenta nella sua complessità e integralità).
Anche nel mondo musulmano l’aborto viene praticato, secondo regolamentazioni che tendono a limitarne l’abuso. Scrive Elisabetta Corbi, mediatrice famigliare, in un suo articolo pubblicato on line su LaPrevidenza.it :
“In linea di massima, l’aborto è tollerato solo nei casi in cui la prosecuzione della gravidanza prefiguri rischi fisici o di stabilità mentale della madre (si pensi agli stupri etnici delle donne musulmane della Bosnia), e comunque solo se eseguito in tempi molto stretti”.
Mi chiedo, sentendomi protagonista e non spettatore del dramma, se non vi possa essere, spiritualmente, una relazione di responsabilità tra il furore delle guerre e lo sterminio silenzioso di tanti feti umani, fra la non difesa, o troppo debole difesa della vita, e lo scatenamento delle forze del male, fra le nostre non scelte e le scelte di violenza. Non ho una risposta, ma come cristiana so che tanto il bene come il male agiscono per contagio e che siamo tutti in relazione gli uni con gli altri, sicché il bene di uno eleva l’umanità intera, e il male di uno pure ricade sull’umanità intera.
Certamente ogni guerra nasce anche da una cultura di morte e per contrastarla è necessario promuovere sempre più radicalmente la cultura della vita, la promozione della vita, sempre, anche nelle circostanze più difficili.
Significativamente il Catechismo della Chiesa Cattolica tratta il tema dell’aborto e della guerra nella stessa sezione dedicata ai Dieci Comandamenti e, precisamente, in relazione al Comandamento dell’Amore: “AMERAI IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO” (Mc, 12,29-31). Riguardo all’aborto, il n. 2270 dice: “La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento. Dal primo istante della sua esistenza, l’essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile di ogni essere innocente alla vita”…. E al n. 2273 troviamo: “Il diritto inviolabile alla vita di ogni individuo umano innocente rappresenta un elemento costitutivo della società civile e della sua legislazione…” In riferimento alla guerra, il n. 2304 recita: “Il rispetto e lo sviluppo della vita umana richiedono la pace. La pace non è la semplice assenza della guerra e non può ridursi ad assicurare l’equilibrio delle forze contrastanti. La pace non si può ottenere sulla terra senza la tutela dei beni delle persone, la libera comunicazione tra gli esseri umani, il rispetto della dignità delle persone e dei popoli, l’assidua pratica della fratellanza. È la «tranquillità dell’ordine» [Sant’Agostino, De civitate Dei, 19, 13]. È frutto della giustizia [Cf Is 32,17] ed effetto della carità [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 78]”. |
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