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titolo 2015-06-02 - 2 Giugno: Festa della Repubblica

“QUELLO CHE È DI CESARE RENDETELO A CESARE, E QUELLO CHE È DI DIO, A DIO”

Con le prime elezioni a suffragio universale del 2 Giugno 1946, a seguito della caduta del fascismo, gli italiani decisero quale forma di Governo dare al Paese, scegliendo la Repubblica rispetto alla Monarchia. Da allora, la Festa della Repubblica è ufficialmente la principale festa nazionale del Paese, la festa di tutti gli italiani.

Quest’anno, Martedì 2 Giugno 2015, il Vangelo del giorno era quello di Marco 12, 13-17[1], in cui il Signore dice : “Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio”.

Una coincidenza che ha colpito e che è stata notata da chi è abituato ad andare a Messa anche nei giorni feriali, ascoltando il Vangelo come una lettera che il Signore indirizza quotidianamente a ciascuno di noi, affinchè possiamo trovarvi quello che Dio vuole insegnarci ed indicarci per la nostra vita, sia individualmente sia come popolo.

Proprio oggi, 69° anniversario della Festa della Repubblica, la Parola di Dio ha un forte richiamo a rispettare lo Stato, l’autorità di Governo legittimante costituita, indicando parimenti di riservare a Dio ciò che Gli è dovuto.

Anche oggi come allora la Parola di Dio ci riguarda e ci interpella fortemente, sia per quanto riguarda il concetto stesso che abbiamo dello Stato e del rapporto che abbiamo con esso, sia per quanto riguarda il posto che Dio ha nella nostra esistenza.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) sviluppa tutta la tematica inerente lo Stato (politico) (pag. 2065 indice analitico dell’E-BOOK)  principalmente sotto la voce “Società” (indice analitico dell’E-BOOK, da pag. 2055 al n. 2057), mentre il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa (CDS) sotto la voce “Stato” (pagg. 947-949 dell’indice analitico dell’E-BOOK) entra più direttamente nella tematica, trattando per esempio argomenti quali “Visione totalitaristica dello Stato” (n. 48), “Dottrina Sociale e uomini di Stato” (n. 73), “Diritti umani e realtà dello Stato” (n. 153), “Famiglia, educazione dei figli e Stato” (n. 239), “Società civile, ideologie e Stato” (n. 417), “Comunità religiosa e Stato” (n. 423) e molti altri, di estrema attualità perché comunque trattati in un’ottica universale, che è quella di una visione cristiana della vita sociale e personale.

Alla voce “Autorità politica, ordine morale e stato” dell’indice analitico del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa,  al n. 394 leggiamo: “ L’autorità politica deve garantire a vita ordinata e retta della comunità, senza sostituirsi alla libera attività dei singoli e dei gruppi, ma disciplinandola e orientandola, nel rispetto e nella tutela dell’indipendenza dei soggetti individuali e sociali, verso la realizzazione del bene comune. L’autorità politica è lo strumento di coordinamento e di direzione mediante il quale i singoli e i corpi intermedi si devono orientare verso un ordine le cui relazioni, istituzioni e procedure siano al servizio della crescita umana integrale. L’esercizio dell’autorità politica, infatti, “sia nella comunità come tale, sia negli organismi che rappresentano lo Stato, deve essere sempre praticato entro i limiti dell’ordine morale, per procurare il bene comune – concepito però dinamicamente – secondo un ordinamento giuridico legittimamente definito e da definire. Allora i cittadini sono obbligati in coscienza a obbedire” [2].

n. 396 – L’autorità deve lasciarsi guidare dalle legge morale: tutta la sua dignità deriva dallo svolgersi nell’ambito dell’ordine morale, “Il quale si fonda in Dio, che ne è primo principio e ultimo fine”. In ragione del necessario riferimento a quest’ordine, che la precede e la fonda, delle sue finalità e dei destinatari, l’autorità non può essere intesa come una forza determinata da criteri di carattere puramente sociologico e storico: “In alcune…concezioni, purtroppo,  non si riconosce l’esistenza dell’ordine morale: ordine trascendente, universale, assoluto, uguale e valevole per tutti”. Viene meno così la possibilità di incontrarsi e di intendersi pienamente e sicuramente nella luce di una stessa legge di giustizia ammessa e seguita da tutti. Questo ordine “non si regge che in Dio: scisso da Dio si disintegra. Proprio da questo ordine l’autorità tra la virtù di obbligare e la propria legittimità morale: non dall’arbitrio o dalla volontà di potenza, ed è tenuta a tradurre tale ordine nelle azioni concrete per raggiungere il bene comune”.

 


[1] + Dal Vangelo secondo Marco (12, 13-17)

In quel tempo, mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso.
Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?».
Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono.
Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio».
E rimasero ammirati di lui.
 

[2] Concilio Vaticano II, Cost. Past. Gaudium et Spes (74)

 

 

di Stefania Venturino

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